the dust of bunker hill

Sunday, May 21, 2006

The Photographer

Quando furono le due precise, Julius si infilò le Nike® che aveva lasciato sotto il bancone, si alzò e abbassò la saracinesca. Si chiuse la porta del retro alle spalle e in un minuto fu in strada.

Dopo pochi metri si fermò, tornò sui suoi passi riprese il vicolo e quando fu davanti alla porta tirò la maniglia con forza come se dovesse saggiarne la resistenza. Era chiusa.

Bene, si disse e si rimise a camminare.

Avvolto dall’aria fresca della primavera di Troy, Julius si tastò col dorso della mano il fondo dello zaino. Si sentì rassicurato nel riconoscere la solida consistenza della sua D2x e proseguì più spedito.

Bene, si disse di nuovo.

D’un tratto si arrestò e tirò fuori la macchina. Click.

Julius fotografò qualcosa. Non uno dei passati che si accorsero di lui riuscì a capire con esattezza cosa ma nessuno sembrò curarsene più di tanto.

Julius si fermò al centro del marciapiede e per alcuni minuti se ne stette ad occhi chiusi i mezzo alla gente che passava spedita. Rosemery e sua sorella Carol, con in mano le borse della spesa, concordarono sul fatto che Julius doveva essere assorto in un pensiero davvero molto importante per starsene lì impalato in mezzo alla folla.

Fotografare un pensiero non sarebbe male, si disse Julius. No, non sarebbe affatto male.

Julius Santagata era uno a cui piaceva fare solo una cosa nella vita, scattare fotografie.

A chiunque. A qualunque cosa. A qualunque ora ed in particolare nel primo pomeriggio, quando aveva cioè un po’ più di tempo da dedicare a se stesso visto che il giorno lavorava e la sera doveva occuparsi di suo padre Antonio Santagata, malato, imbastardito dagli anni e che non ne avrebbe avuto ancora per molto.

Non c’erano donne, amici o altro che tenesse. Quella era la sua stramaledetta vita e lui si sentiva nato al solo scopo di assolvere a questo compito, fotografare.

Questo era quello che pensava di sé e anche se credeva fermamente che in genere l’opinione che si ha di se stessi è sempre un’opinione sbagliata, nel suo caso Julius pensava proprio di avere ragione.

Durante la pausa pranzo lasciava il negozio di fotografo di Charles Finley dove lavorava da commesso e si metteva in marcia per le strade della città. Senza alcuna meta girava per tutta l’ora concessagli dal suo capo al solo scopo di fermare il mondo, e per lui il mondo era quell’angolo dello stato di New York, nel display della sua D2x comprata coi soldi messi da parte dopo due anni di duro lavoro.

È proprio così, si disse e si rimise a camminare.

Proprio sotto l’insegna della Biblioteca, vide Meggie e la sua piccola Sue scorgere Cliff dall’altro lato della strada. Con le bocche spalancate entrambe gettarono le braccia al cielo come se qualcuno gli avesse puntato contro una pistola. Click.

Papà, gridò Sue. Quando Cliff le vide sorrise e gli corse incontro.

Il furgone di Moe, frenò bruscamente e Cliff lo mandò al diavolo. A Julius non piacevano affatto i modi violenti di Cliff e pensò che forse era il caso che qualcuno prima o poi gli facesse un certo discorso. Ma poi si distrasse pensando ai soldi che gli mancavano per comprarsi il nuovo obiettivo e si rimise a camminare.

Quando fu all’angolo tra la 21-esima&Hoosick, Julius si sentì chiamare da una voce che conosceva.

Young-Joo poggiò la sua mano piccola e bianca sulla sua spalla. Julius si fermò e si disse felice.

In realtà non aveva la minima voglia di fermarsi. Non voleva parlare di quanto era successo la sera prima ed era anzi molto in imbarazzo del fatto che quella ragazza coreana fosse stata così carina con lui e gli avesse sbottonato la patta prima ancora che fosse iniziato il secondo tempo del film ma diavolo lui voleva solo vedere un film e non era roba da Julius quella di farsi toccare nelle parti basse da una ragazza conosciuta il giorno prima e per di più durante la proiezione di X-Man.

Young-Joo gli rimproverò buffamente di essere stato brusco nel salutarla e Julius si sentì offeso.

Forse sarò stato brusco ok, ma avrò avuto i miei accidenti di motivi, pensò ma non le disse niente.

La gente non si domanda mai il perché delle cose, rifletté Julius mentre Earl mollava uno schiaffo a suo figlio Vinnie. Click. Qualunque cosa abbia fatto quel piccolo delinquente è poco, si disse Julius, ripensando a quella volta che Vinnie era entrato nel negozio e, Julius ne era sicuro, aveva fatto sparire la Coolpix incautamente lasciata sul bancone dal signor Finley. Per quell’episodio Julius rischiò il posto anche se non c’entrava un bel niente, così si disse: picchia duro Earl, e rise.

Poi imbracciò la macchina e scattò a ripetizione sulle gambe di due pattinatori, sulla borchia cromata di una Pontiac® del ’56, su una cassetta delle lettere illuminata di tre quarti da un tenue raggio di sole, sulle facce curiose della gente assiepata davanti alle vetrine del negozio di Jethro. Click.

Fotografò il volto di una bella ragazza dai tratti irlandesi e fu lì che pensò che se proprio un giorno si doveva sposare non sarebbe di certo stato con una piccola coreana dal muso schiacciato ma piuttosto con una florida irlandese dai fianchi larghi e lo sguardo sincero e annacquato. Ma non era questo il momento per pensieri del genere, si disse e in fondo lui non aveva ancora vent’anni.

Fotografò la luce blu del lampeggiante e la scritta ambulance scritta da destra a sinistra sul cofano di monovolume che procedeva piano ora che si era fatto più appresso al gruppetto di gente. Click.

Ne scese un uomo grassoccio con la fronte sudata, una valigetta arancio, un fonendoscopio luccicante al collo.

La barella era di un bel giallo carico e il contrasto con l’uniforme blu del portantino fu molto gradita da Julius.

Quando riconobbe il vecchio Antonio sdraiato sul marciapiede mentre i medici tentavano di capire cosa avesse, Julius si sentì d’un tratto debole e rimpianse di non aver mangiato.

La faccia di suo padre era tirata in una smorfia.

Julius scattava e scattava foto ma non riusciva a muovere un passo.

Mentre i secondi diventavano minuti si accorse d’un tratto che il suo ginocchio sinistro si era messo a tremare visibilmente.

Ci diresse l’obiettivo contro, come fosse un qualcosa che lo potesse guarire. Click.

Le porte dell’ambulanza si chiusero. Portavano via suo padre.

Julius era ancora piantato nell’asfalto all’altro lato della strada quando Jethro si accorse di lui.

La sua faccia gli si faceva sempre più vicina.

Jethro disse qualcosa, qualcosa che Julius non afferrò

Grazie, rispose ad ogni modo.

Poi si sedette e guardò la sua mano tremare.

Tremava senza posa, scuotendogli il braccio e la spalla anche.

Il corpo di Julius tremava e lui non riusciva a farlo smettere.

Ad ogni modo si diresse l’obiettivo contro la mano e sorrise.

Il traffico aveva ripreso a scorrere.

Il gruppetto di curiosi si era oramai disperso.

Click.

0 Comments:

Post a Comment

Subscribe to Post Comments [Atom]

<< Home